La Città


Secondo la tradizione Noto sarebbe stata fondata da popolazioni sicane, all’epoca della caduta di Troia, sul colle della Mendola (o Aguglia), da dove Ducezio, Re dei Siculi, l’avrebbe trasferita nel V sec. a.C. nell’altipiano dell’Alveria. Nel 263 a.C. Neaiton (latinizzata in Neetum, Netum) viene assegnata da Roma a Ierone II tiranno di Siracusa, ma gode di una certa autonomia che si concreta più tardi in un patto federativo con Roma, che la equipara alle altre due città federate della Sicilia (Messina e Taormina). Anche in epoca imperiale continua il favore di Roma, che dichiara Noto municipium latino. Il buio più completo copre il periodo tardo-antico e l’Alto Medioevo fino al IX sec.

È solo con ‘epoca araba che si chiude il lungo vuoto storico. Noto si arrende nell’864 agli assedianti arabi, i quali ne fanno una roccaforte munitissima e nel 903, dividendo l’isola in tre Valli (= Provincie), pongono Noto a capo di una di esse. Dopo oltre due secoli di dominazione musulmana Noto, ultimo fra i castelli di Sicilia, tratta la resa con Ruggero il Normanno (1091), che la assegna al figlio Giordano col titolo di Duca. Agli inizi del XIII sec. è governata dal Conte Isimbardo Morengia, alla cui morte è di nuovo devoluta alla Corona.

Nulla sappiamo dell’infausto periodo angioino; un’insicura tradizione vuole che Noto abbia seguito l’esempio di altre città siciliane, trucidando il presidio francese di Faramondo d’Artois (2 aprile 1282).
Passato il dominio dell’isola agli aragonesi, inizia un periodo contrassegnato da continue lotte civili. Solo con l’avvento dei Martini, che cercano di restaurare il prestigio della Monarchia, e specialmente con Alfonso il Magnanimo, la città conosce periodi di relativa tranquillità. In quegli anni, anzi, esprime un Vicerè nella persona di Nicolò Speciale (+1444). In questo periodo i Netini tentano di ottenere l’istituzione della Diocesi ed ottengono l’approvazione del Papa e del Re; ma gli intrighi del Vescovo di Siracusa riescono a fare archiviare la pratica.

Per tutto il Quattrocento Noto conosce tempi di prosperità e splendore, esprimendo in ogni campo personalità di assoluto rilievo, tanto che.nel 1503 Ferdinando il Cattolico la insignisce del titolo di Urbs ingeniosa.
L’11 gennaio 1693 la città è rasa quasi completamente al suolo da uno spaventoso terremoto. Prevale fra i cittadini l’idea di spostarla verso sud-est, sul colle Meti. Inizia così una meravigliosa fioritura architettonica che vede impegnate nell’opera di ricostruzione tre generazioni di architetti e capimastri locali: pur rimanendo sostanzialmente fedeli ai canoni barocchi, essi creano uno stile tutto particolare, che utilizza elementi e schemi rinascimentali, spagnoleschi, neoclassici, fusi ed armonizzati da una concezione scenografica che, respingendo le estrose degenerazioni manieristiche, conferisce alla città una sua inconfondibile peculiarità.

Verso la fine del Settecento il piano urbanistico è pressoché definitivo; la nuova dinastia borbonica contribuisce alla rinascita economica della città con concessioni e privilegi. Rifioriscono pure le mai spente tradizioni culturali. Con la ripresa della vita economica e culturale rinasce pure l’antica ambizione del Vescovado, ma nemmeno questa volta i Netini riescono a spuntarla. Alcuni anni dopo l’orgoglio municipale della città subisce un fiero colpo: le originarie tre Valli in cui gli Arabi avevano diviso la Sicilia vengono elevate a sette e Noto viene spogliata in favore di Siracusa del suo diritto (1817).

Nel 1837, però, a seguito di tumulti verificatisi a Siracusa, Ferdinando Il ordina il trasferimento del Capovalle a Noto. Da allora è costante la benevolenza dei Borboni per la città, malgrado il breve moto liberale del 1848. Fra il 1838 e il 1844 la coppia reale vi si reca in visita per ben tre volte, ospite dei Marchesi Landolina di Sant’Alfano.

Nel 1844, finalmente, Noto è eretta a Vescovado, e raggiunge così il periodo di maggior prestigio dei tempi moderni.

Frattanto i liberali netini seguono con attenzione gli eventi che in quegli anni maturano nel continente e non appena hanno notizia dello sbarco garibaldino a Marsala, insorgono, per primi in Sicilia, contro il presidio borbonico che è costretto ad arrendersi (16 maggio 1860).
Ma queste benemerenze liberali, apprezzate dallo stesso Garibaldi, che accetta la cittadinanza di Noto, non riescono ad evitare che il Parlamento Nazionale di Firenze trasferisca definitivamente il capoluogo a Siracusa (1865).

Inizia una lenta decadenza alla quale invano si cerca di trovare rimedio. Dopo la Grande Guerra (1915-18) cui Noto dà il suo contributo di sangue con oltre trecento Caduti, si ha una parentesi di ripresa: si sviluppano le contrade marine e montane di villeggiatura, si tengono stagioni liriche estive che vedono sul podio maestri come Mascagni e Cilea, mentre un giornalista netino, Ugo Lago, sacrifica la sua giovane vita sul Polo Nord, partecipando all’impresa del gen. Nobile (1928).

Dagli anni ’60 è iniziata, sempre più decisamente, una articolata promozione turistica che ha portato – attraverso la valorizzazione delle spiagge incorrotte, del barocco del centro storico, delle ricche zone archeologiche, delle grandi manifestazioni della Primavera (con la famosa Infiorata della terza domenica di maggio) e dell’Agosto – all’inserimento della città in un circuito turistico di prim’ordine.

Oggi venire a Noto significa trascorrere una vacanza indimenticabile, ricca di un fascino che durerà nel tempo.

Francesco Balsamo

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